Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22281 del 14 luglio 2022, hanno risolto la questione, dibattuta in giurisprudenza, riguardante l’obbligo di motivazione della cartella di pagamento relativamente agli interessi richiesti per ritardato pagamento dei tributi.
Sul punto, le S.U. hanno affermato il seguente principio di diritto: “Allorché segua l’adozione di un atto fiscale che abbia già determinato il quantum del debito di imposta e gli interessi relativi al tributo, la cartella che intimi al contribuente il pagamento degli ulteriori interessi nel frattempo maturati soddisfa l’obbligo di motivazione, prescritto dall’art. 7 della legge n. 212 del 2000 e dall’art. 3 della legge n. 241 del 1990, attraverso il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’ulteriore importo per gli accessori. Nel caso in cui, invece, la cartella costituisca il primo atto con cui si reclama per la prima volta il pagamento degli interessi, la stessa, al fine di soddisfare l’obbligo di motivazione deve indicare, oltre all’importo monetario richiesto a tale titolo, la base normativa relativa agli interessi reclamati che può anche essere desunta per implicito dall’individuazione specifica della tipologia e della natura degli interessi richiesti ovvero del tipo di tributo cui accedono, dovendo altresì segnalare la decorrenza dalla quale gli interessi sono dovuti e senza che in ogni caso sia necessaria la specificazione dei singoli saggi periodicamente applicati né delle modalità di calcolo”.
Nel caso di specie rimesso alle Sezioni Unite, l’avviso di liquidazione propedeutico aveva già determinato l’importo e la tipologia degli interessi nonché la relativa decorrenza, sui quali si era poi formato il giudicato. Conseguentemente, la cartella emessa successivamente, oggetto del giudizio innanzi alla Corte di Cassazione, nell’indicare in euro l’importo degli interessi, come affermato dalla CTR nella sentenza impugnata, si è limitata a convertire in euro gli importi già indicati in lire a titolo di interessi, computando gli interessi al tasso legale. Inoltre, i ricorrenti non hanno contestato il contenuto dispositivo dell’avviso di liquidazione concernente gli interessi e/o lo scostamento del conteggio rispetto ai criteri fissati nell’avviso stesso e successivamente confluiti nella cartella di pagamento. Infatti, le censure proposte dai ricorrenti si appuntano sull’assenza di un criterio di calcolo degli interessi; tuttavia tale censura deve ritenersi infondata, in quanto, come evidenziato dalle S.U., deve escludersi che, in sede di emissione di una cartella successiva ad un atto prodromico, divenuto definitivo per effetto del giudicato, che ha provveduto a determinare gli interessi dovuti, la base normativa ed il computo complessivo, sia necessario che la cartella rechi anche l’indicazione specifica delle modalità di calcolo degli interessi e dei saggi di interesse applicati.