L’articolo 270-bis cod. pen. (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico) punisce con la reclusione da sette a quindici anni chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico. Il secondo comma dello stesso articolo prevede per chiunque partecipa a tali associazioni la pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Ai fini della configurabilità del reato, poiché la norma, (art. 270-bis cod.pen.) non precisa gli indici di riconoscibilità dell’attività di “partecipazione” a una associazione “con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico”, compete al Giudice del merito dare concretezza a espressioni in apparenza poco definite, in astratto idonee a ricomprendere una serie potenzialmente varia di condotte illecite.
Lo ha precisato la Corte di Cassazione, seconda sezione penale, con sentenza 18 novembre 2022, n. 43917, respingendo il ricorso di un soggetto di origini egiziane, condannato nei due gradi di giudizio per partecipazione all’Isis.
In particolare, la S.C. ha chiarito che non esistendo una nozione astratta di “partecipazione”, valida per ogni tipo di reato associativo: la modalità della “partecipazione” medesima è correlata alle caratteristiche proprie dell’entità cui si “partecipa”. Pur non rinunciando alla individuazione di elementi comuni per le diverse condotte partecipative penalmente rilevanti, ogni condotta di “partecipazione” ha specifiche caratteristiche, in considerazione della particolare natura e della struttura dell’associazione per delinquere che di volta in volta viene in esame.
Ciò vale soprattutto per l’organizzazione denominata Stato Islamico, le cui peculiarità sì manifestano sia sul piano strutturale, sia sul piano culturale. Nello specifico, l’organizzazione “Stato islamico” persegue attività terroristiche finalizzate a realizzare un disegno di eversione dell’ordine internazionale e di singoli Stati, in cui gioca un ruolo determinante la condivisione, da parte dei singoli aderenti, della religione islamica, nell’esegesi a essa data da Isis, avendo per fondamento il jihad, e per obiettivo la costituzione di un nuovo califfato, denominato Stato islamico, alla cui concretizzazione si è assistito negli anni passati in Siria e in Iraq.
La Corte si è riportata a una consolidata giurisprudenza in materia di associazione con finalità di terrorismo attraverso l’Isis, ed ha ribadito che costituisce condotta di partecipazione all’Isis la sistematica reiterazione – da parte di chi intrattenga contatti operativi con componenti o con soggetti comunque riconducibili, anche in via mediata, al sodalizio – di atti di indottrinamento, proselitismo e propaganda apologetica rivolti a terzi. La partecipazione all’Isis è stata desunta, tra l’altro: dalla detenzione su supporti informatici di materiale “jihadista”; dal sistematico e costante uso del “web” e dei “social media” per condividere e diffondere messaggi di propaganda e di indottrinamento, nonché video relativi a gravi episodi di violenza, reperiti nel cd. “deep web”, attraverso canali accessibili solo mediante specifiche chiavi informatiche; dall’aver fornito assistenza ad un associato, ospitato per lungo tempo presso un centro culturale presieduto dall’imputato.
Per la responsabilità del partecipe nel delitto di associazione con finalità di terrorismo, che è reato di pericolo presunto, è necessaria non già la mera adesione ideale al programma criminale o la comunanza di pensiero e di aspirazioni con gli associati rispetto ad un’astratta ideologia, quanto piuttosto l’effettiva pratica della violenza come metodo di lotta politica e la predisposizione di un programma di azioni terroristiche, da intendersi come proposito concreto ed attuale di atti di violenza.
Pertanto, il delitto di partecipazione è integrato, in presenza di una struttura organizzata sia pure in modo rudimentale, da una condotta di adesione sicuramente ideologica, ma che richiede che essa si sostanzi in seri propositi criminali diretti alla realizzazione delle finalità associative, senza, però, che sia necessario l’inizio di materiale esecuzione del programma criminale, trattandosi di reato di pericolo presunto.
In altri termini il delitto di associazione con finalità di terrorismo internazionale o di eversione dell’ordine democratico, per la sua natura di reato di pericolo presunto, è integrato in presenza di una struttura organizzativa con grado di effettività tale da rendere possibile l’attuazione del programma criminoso.
La Corte ripercorre una serie di importanti decisioni che si collocano in questo solco interpretativo, e che hanno approfondito, in particolare, la natura delle organizzazioni terroristiche di matrice islamica, individuando dei sintomi rilevatori della partecipazione del singolo a tali organizzazioni.
Nello specifico, è stato affermato che ai fini della configurabilità del delitto di cui all’art. 270-bis cod. pen è sufficiente che i modelli di aggregazione tra sodali integrino il “minimum” organizzativo richiesto a tale fine, con la conseguenza che tali caratteri sussistono anche con riferimento alle strutture “cellulari” proprie delle associazioni di matrice islamica, caratterizzate da estrema flessibilità interna, in grado di rimodularsi secondo le pratiche esigenze che, di volta in volta, si presentano, in condizioni di operare anche contemporaneamente in più Stati, ovvero anche in tempi diversi e con contatti fisici, telefonici o comunque a distanza tra gli adepti anche connotati da marcata sporadicità, considerato che i soggetti possono essere arruolati anche di volta in volta, con una sorta di adesione progressiva ed entrano, comunque, a far parte di una struttura associativa saldamente costituita.
L’organizzazione terroristica transnazionale assume quindi le connotazioni dinamiche della “rete” in grado di mettere in relazione soggetti assimilati da un comune progetto politico-militare, che funge da catalizzatore dell'”affectio societatis” e costituisce lo scopo sociale del sodalizio.
L’Isis è paragonabile allo schema che si rinviene nella organizzazione facente capo ad “Al Quaeda”, che assume una struttura peculiare, proprio perché, al pari dell’Isis, non comporta mezzi e luoghi di incontro, ma è caratterizzata da un’adesione, aperta anche se non indiscriminata, realizzata con modalità informatizzata su base planetaria, propugnando la diffusione del credo religioso e politico attraverso cellule “figlie” che, aderendo al programma, svolgono, sia pure attraverso un rapporto del tutto smaterializzato con l’organizzazione “madre”, un ruolo strumentale per la realizzazione del fine criminoso, consentendone da un lato la più efficace forma di proselitismo e dall’altro fornendo supporti didattici operativi.
Ė stato dunque affermato che integra il delitto di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo internazionale la condotta di soggetti che, aperti sostenitori del c.d. Stato islamico e rispondenti alla chiamata al jihad, abbiano posto in essere condotte strumentali al consolidamento ed al rafforzamento dell’organizzazione sia mediante atti di propaganda apologetica rilevanti sul piano della concreta incentivazione dell’adesione al progetto criminoso attraverso l’uso del “web” e dei “social media” con pubblicazione di video relativi a gravi attentati terroristici per divulgare la chiamata al jihad.
Si è del pari evidenziato che la partecipazione all’Isis o ad analoghe associazioni internazionali può essere desunta da concrete condotte sintomatiche della condivisione ideologica delle finalità dell’associazione, in cui si sostanzia la messa a disposizione del singolo verso il gruppo criminale e si struttura il relativo rapporto.
Ulteriore sintomo di partecipazione all’Isis è stato individuato nella condotta di chi travalicando i confini della mera adesione interiore ed ideologica alla causa della “jihad”, per essa si attivi fattivamente, seppur singolarmente, non solo prodigandosi in un’opera di indottrinamento e proselitismo, ma realizzando, altresì, un’attività di auto-addestramento (c.d. lupo solitario), sia pure teorica, alla preparazione ed esecuzione di attentati terroristici, nonché intrattenendo contatti operativi con persone intranee al “network” internazionale del terrore.
Al contrario, la convinta adesione del singolo al progetto politico-religioso dell’Isis, definita in dottrina anche come “radicalizzazione”, che rimanga confinata nel foro interiore dell’agente, risulta del tutto priva di rilevanza penale, non essendo perseguibile ciò che rimane circoscritto in una dimensione tale da esaurirsi nel semplice pensiero, senza concretizzarsi in azione esterna.
Nel caso di specie, la Corte, respingendo il ricorso del ricorrente, ha affermato che, sebbene la difesa abbia insistito sulla non consapevolezza da parte del soggetto di origini egiziane del ruolo comunicativo, funzionale a Isis e correlato a tale organizzazione, dell’agenzia di propaganda mediatica “Nashir News”, alla quale egli aveva aderito, la Corte di Appello aveva correttamente rilevato la possibilità che egli aveva di accedere a piattaforme protette riconducibili all’Isis, fruibili soltanto da chi era in possesso dei relativi indirizzi informatici. Tale circostanza stava dunque a significare, da un lato, la sua coscienza e volontà di disporre di materiale di propaganda terroristica e, dall’altro, l’esistenza da parte sua di contatti con livelli intermedi o propaggini finali riconducibili a Isis, in assenza dei quali gli sarebbe stato preluso ogni avvicinamento a quei canali web. La Corte di Cassazione ha dunque confermato che la fruizione delle notizie veicolate dall’agenzia Nashir News è indice qualificato di intraneità e di contatto con la struttura reticolare di Isis, poiché si tratta di contenuti immediatamente operativi rivolti a soggetti già radicalizzati e pronti al jihad. Inoltre, il ricorrente aveva condiviso con altri il materiale propagandistico e di indottrinamento ricavato dal web cui aveva avuto accesso.