La Sezione terza penale della Corte di cassazione, con la sentenza del 31 luglio 2023, n. 33418, si è pronunciata in tema di configurabilità del delitto di frode nell’esercizio del commercio, chiarendo se l’apposizione di un bollo IT di un altro produttore integri o meno i presupposti del delitto previsto dall’art. 515 cod. pen., che punisce “chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita”.
Secondo la S.C., il quesito merita una risposta affermativa. Infatti, la norma incriminatrice non tutela soltanto l’acquirente, ma – inserita tra i delitti contro l’industria e il commercio – intende proteggere i principi di onestà e lealtà nello scambio dei beni, con lo scopo di tutelare tanto l’acquirente quanto il produttore.
Dopotutto, la S.C. si era già espressa sul punto con diverse pronunce, che hanno affermato il principio secondo cui integra il reato di tentata frode nell’esercizio del commercio la detenzione per la vendita di confezioni di olio extravergine d’oliva, proveniente da altra azienda, con etichettatura che ne attesti la produzione ed il confezionamento presso lo stabilimento del detentore.
La Corte ha ritenuto di dare seguito al già espresso orientamento giurisprudenziale, ed ha affermato che integra l’elemento soggettivo del delitto di frode nell’esercizio del commercio l’erronea applicazione del bollo IT, in quanto esso risulta mendace in ordine alla provenienza del bene e, quindi, lede la correttezza nei rapporti commerciali, ingannando il consumatore e, allo stesso tempo, danneggiando l’effettivo produttore.
Quanto alla prova del dolo, la Suprema Corte ha ritenuto corretto l’accertamento della corte di merito, che ha desunto il dolo dell’autore del reato dal numero di etichette mendaci rinvenute nello stabilimento (un totale di 14.000 etichette), che escluderebbero in maniera evidente la sussistenza di un mero errore, deponendo, piuttosto, per la volontarietà della condotta.