La Sezione quinta civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza interlocutoria pubblicata il 20 luglio 2022, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte UE ai sensi dell’art. 267 TFUE con riferimento all’interpretazione dell’art. 7, par. 4, del Capo II, Sezione I, della direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise, chiedendo, in particolare, se l’esenzione ivi prevista possa o meno essere riconosciuta anche nell’ipotesi in cui l’evento che ha cagionato la dispersione o la perdita irrimediabile del prodotto sottoposto ad accisa sia riconducibile ad una carenza di diligenza, prudenza o perizia del depositario o della persona che sia dipendente dello stesso, ancorché apprezzata in grado lieve.
Nella specie, era accaduto che, presso una società titolare di un deposito autorizzato di alcool etilico con annesso opificio di denaturazione e condizionamento ed opera, durante le operazioni di carico del serbatoio dell’impianto di denaturazione dell’alcool etilico, mentre era presente un funzionario dell’Agenzia delle dogane, si verificava la fuoriuscita di alcool etilico puro che si spargeva sulla pavimentazione del locale a causa di una valvola lasciata aperta da un dipendente della società. Parte del prodotto veniva raccolto e recuperato, altra parte, invece, andava irrimediabilmente persa.
A seguito del verificarsi dell’evento, la società chiedeva l’abbuono dell’accisa per l’alcool andato accidentalmente disperso.
La Corte rileva che la disciplina in tema di abbuono dell’accisa (art. 7, par. 4, del Capo II, Sezione I, della direttiva n. 2008/118/CE) <sembra saldamente ancorata alle sole condizioni del caso fortuito e della causa di forza maggiore, le quali, alla luce della giurisprudenza unionale, richiedono un elemento oggettivo («circostanze anomale ed imprevedibili») ed un elemento soggettivo («obbligo di adottare tutte le misure appropriate senza un sacrificio eccessivo»), pare incompatibile con una condotta, invece, carente tanto sull’imprevedibilità quanto sulla necessaria adozione delle precauzioni necessarie, come è quella caratterizzata da colpa>. Tuttavia, occorre chiarire <se, una ipotesi come quella prevista dall’art. 4, comma 1, TUA, qui in rilievo, possa o meno essere giustificata alla stregua dell’art. 7, par. 4, ultima parte, della direttiva n. 2008/118/CE dove prevede che la distruzione o la perdita non integrante immissione in consumo sia anche quella che deriva «in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro»>. In altri termini, deve essere stabilito se <se la suddetta locuzione – eventualmente anche alla luce delle osservazioni espresse dal depositario sulla diversità terminologica di alcuni termini tra le diverse formulazioni linguistiche – consenta agli Stati membri (nella specie, l’Italia) di individuare, con atto normativo e clausole come quella in esame, ulteriori categorie generali di abbuono dell’imposta>.
Secondo la Corte <la complessiva lettura della norma, che enuncia, nell’ordine, «la causa inerente alla natura stessa di tali prodotti», il «caso fortuito» o la «causa di forza maggiore», che, in sé, costituiscono categorie di ordine generale ma, ugualmente, riferite a caratteristiche dei beni o ad eventi concreti, sembrerebbe tuttavia far ritenere che la locuzione su evidenziata abbia valore di chiusura e residuale e debba dunque essere riferita a ulteriori specifici eventi, non individuabili aprioristicamente, ma relativi a peculiari elementi di fatto che, in quanto sottoposti alla concreta preventiva valutazione all’autorità competente, possono giustificare, di volta in volta, l’adozione (su «autorizzazione») di un provvedimento di distruzione del prodotto>.
Viene rilevato che le cause di esenzione, in quanto derogatorie dell’ordinario regime di imposizione, devono soggiacere ad una interpretazione rigorosa e restrittiva. Inoltre, viene richiamato il nono considerando della direttiva n. 2008/118/CE («Poiché l’accisa è un’imposta gravante sul consumo di determinati prodotti, essa non dovrebbe essere riscossa relativamente a prodotti sottoposti ad accisa che, in talune circostanze, siano stati distrutti o irrimediabilmente perduti»), che, nell’impiegare il termine «circostanze», secondo la Corte, potrebbe riferirsi ad elementi di fatto specifici ed individuabili e non a previsioni di natura generale e, sostanzialmente, indeterminate.
Pertanto, sotto questo profilo, sembrerebbe che la norma interna di cui all’art. 4, comma 1, d.l.gs. 26 ottobre 1995 n. 504, nel testo vigente all’epoca dei fatti, come modificato dall’art. 1 del d.lgs. 29 marzo 2010 n. 48, non possa essere ritenuta in sintonia con la disciplina eurounionale.
Pertanto la Corte di Cassazione, con particolare riguardo ai profili sopra riportati ed alla luce degli orientamenti rinvenuti nella giurisprudenza eurounionale, ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte UE formulando i seguenti questiti:
«se, in primo luogo, la nozione di caso fortuito all’origine delle perdite intervenute in regime sospensivo, ai sensi dell’art. 7, par. 4, della direttiva n. 2008/118/CE, debba o meno essere intesa, come per la causa di forza maggiore, nel senso di circostanze estranee al depositario autorizzato, anormali e imprevedibili, e non evitabili malgrado l’adozione di tutte le precauzioni del caso da parte sua, sfuggendo oggettivamente ad ogni sua possibilità di controllo»
«se, inoltre, ai fini della esclusione di responsabilità nelle ipotesi di caso fortuito, assuma rilievo, e in quali termini, la diligenza prestata nell’allestire le precauzioni necessarie per evitare il fatto dannoso»
«se, in subordine alle prime due questioni, una disposizione come l’art. 4, comma 1, d.lgs. 26 ottobre 1995 n. 504, che equipara al caso fortuito e alla causa di forza maggiore la colpa non grave (dello stesso soggetto o di soggetti terzi) sia compatibile con la disciplina di cui all’art. 7, par. 4, della direttiva n. 2008/118/CE, che non indica ulteriori condizioni, in ispecie afferenti la “colpa”‘ dell’autore del fatto o del soggetto attivo»
«se, infine, la previsione, pure contenuta nel citato art. 7, par. 4, «o in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro» possa essere intesa come possibilità, per lo Stato membro, di individuare una ulteriore categoria generale (la colpa lieve) idonea ad incidere sulla definizione di immissione in consumo in caso di distruzione o perdita del prodotto ovvero se tale locuzione non possa includere una clausola di questo genere, dovendo essa, invece, essere intesa come riferita a specifiche ipotesi, autorizzate di volta in volta o comunque individuate per casistiche definite nelle loro componenti oggettive».